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Wyszukujesz frazę "Maślanka-Soro, Maria" wg kryterium: Autor


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Tytuł:
Topos złotego wieku w literaturze włoskiej: Dante, Tasso, Parini
Il topos dell'eta. Dell'oro nella letteratura italiana: Dante, Tasso, Parini
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/19233664.pdf
Data publikacji:
2006
Wydawca:
Uniwersytet Łódzki. Wydawnictwo Uniwersytetu Łódzkiego
Opis:
La reinterpretazione dell’antico mito dell'età dell'oro nelle principali opere di tre grandi poeti italiani, Dante, Tasso, Parini, è conforme alle tendenze ideologico-estetiche dominanti nelle epoche che loro rappresentano, rispettivamente il medioevo, tardo rinascimento e illuminismo. Nella Divina Commedia di Dante la visione del mondo è sottoposta ad un codice simbolicoreligioso. La metafora del viaggio ultraterreno riguarda un'esperienza del tutto particolare che conduce alla comprensione del senso profondo della vita umana nell'ottica cristiana della salvezza. Non solo la vita di ogni singolo individuo è la figura tangibile della sua condizione post mortem, ma il metodo analogico nella ricerca del senso ultimo della realtà riguarda anche la cultura, compresi i suoi grandi miti, tra cui quello dell'età dell'oro. Nel nostro poema il concetto di felicità collegato ad esso e al topos di locus amoenus che ne deriva viene reinterpretato nel senso biblico e cristiano. I moduli espressivi con cui è delineato negli autori pagani, soprattutto nel primo libro delle Metamorfosi di Ovidio, il paesaggio mitico, vengono riecheggiati nella descrizione del Paradiso Terrestre (Purg. XXVIII), anche se Dante è spiritualmente lontano da Ovidio. Il suo spazio, infatti, è fortemente eticizzato. La perfezione del luogo consiste nell’assoluta armonia tra vari elementi della natura. In Dante è implicita l’idea che la felicità non si raggiunge senza pace, né per l’uomo singolo, né per l’umanità. Ma c'è là anche un altro accostamento: tra la montagna del Paradiso Terrestre e il Monte Parnasso, simbolo dell'ispirazione poetica. Con ciò egli lascia intendere che le visioni degli autori antichi comprendevano le verità a loro sconosciute. Così i grandi poeti del passato pagano sarebbero i precursori del concetto di paradiso. Tutt'altro significato assume il suddetto topos nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, dove esso diventa il simbolo dei valori edonistici, della momentanea vittoria dei sensi sulla razionalità dei valori cristiani. Il giardino della maga Armida (canto XVI), creato da lei tramite un incantesimo, diventa un falso Eden, dove l’eroe cristiano Rinaldo si illude di trovare la felicità. Il suo seducente splendore è colto attraverso le sensazioni visive e uditive che mettono in rilievo anche il suo carattere arteffatto e ne fanno il simbolo dello smarrimento morale. In una prospettiva più ampia, con questo episodio del racconto tassiano, all’edonismo rinascimentale vengono contrapposti gli ideali cristiani propagati dalla Controriforma. La rievocazione del motivo mitico dell'età dell'oro nel poema didattico Il Giorno di Giuseppe Parini fa parte della polemica antinobiliare, tema ricorrente nell’illuminismo. Tramite la cosiddetta favola del Piacere (seconda parte del poema, Il Mezzogiorno), il narratore-precettore di un giovane aristocratico, „degno” rappresentante della propria classe, moralmente corrotta, ignorante e dedita ai piaceri, intende spiegare, in un discorso ironico-parodistico, l'origine della disuguaglianza sociale per rivelarne l’inconsistenza. La divisione della società primitiva in una parte „migliore” (nobili) e „peggiore” (plebe) è in questa favola dovuta all’intervento degli dei il cui unico movente sarebbe il capriccio. L’ironica conclusione sarebbe che il raggiungimento della felicità (concepito come edonistico abbandono al piacee) è possibile solo nell’ambito della disuguaglianza tra gli uomini.
Źródło:
Acta Universitatis Lodziensis. Folia Litteraria Romanica; 2006, 004; 161-171
1505-9065
2449-8831
Pojawia się w:
Acta Universitatis Lodziensis. Folia Litteraria Romanica
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Biblioteka Nauki
Artykuł
Tytuł:
Il “tragico” disdegno di Farinata degli Uberti nel canto X dell’Inferno di Dante
The “tragic” contempt of Farinata degli Uberti in canto X of Dante’s inferno
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/1929881.pdf
Data publikacji:
2021-12-31
Wydawca:
Wydawnictwo Adam Marszałek
Tematy:
Dante
Inferno
Farinata degli Uberti
political fanaticism
heresy
fanatismo politico
eresia
Opis:
Dante’s Inferno presents an essentially non-tragic view of reality based on the Christian concept of Man in his historical and eschatological aspect. Nonetheless, some of Dante’s episodes, like the one of Farinata degli Uberti, appear to contain a certain element of tragedy because of the virtues marking the characters involved, which endow them with a certain nobility, giving rise to an air of tragedy. To examine the nature of this “tragic” quality, I shall invoke Erich Auerbach’s concept of figural realism as applied to Dante’s masterpiece. A character’s life on earth is a prefiguration of his life after death, the fulfilment of his earthly existence concluding his earthly deeds. The soul’s fate post mortem bespeaks the quintessence of its life, the tangible sign of which is its contrappasso. The chief conflict takes place between the character and his fulfilment, but it also generates further conflicts: between the soul’s past on earth and its current condition in Hell; between the qualities that marked it in the past that could objectively be considered virtuous, and its current status amongst the damned, and others. Only in the eyes of sinners are these conflicts seen as tragic, but not from the point of view of Dante the Author, who discredits these conflicts with a variety of rhetorical and stylistic devices. I endeavour to explain the seemingly tragic quality in Farinata degli Uberti, one of the “magnanimous” spirits confined in Hell. At first glance he may seem reminiscent of the heroes of Greek tragedy, but on closer scrutiny his “magnanimity” takes on a sinister quality, and this is how Dante wants his readers to see the connection between Farinata’s perverse political commitment verging on fanaticism, and his sin of heresy, to which Farinata seems to turn a blind eye.
L’Inferno dantesco presenta sostanzialmente una visione non tragica della realtà, basata sulla concezione cristiana dell’uomo nella sua dimensione storica ed escatologica. Eppure alcuni episodi, tra cui quello che si svolge nel canto X dell’Inferno, sembrano non privi di tragicità a causa di una certa nobiltà d’animo dei loro protagonisti e dello stile alto il quale rimane in sintonia con essa creando un clima tragico. Per indagare la vera natura di quel “tragico” ricorreremo al concetto del realismo figurale applicato da Erich Auerbach al capolavoro dantesco, secondo cui la vita terrena è prefigurazione di quella oltremondana che, a sua volta, si presenta come adempimento definitivo dell’altra. La condizione raggiunta dalle anime esprime la quintessenza della loro vita il cui segno visivo è il contrappasso. Il conflitto più significativo sarebbe quello tra la figura e il suo adempimento, ma esso ne genera altri: tra il passato terreno e il presente infernale, tra i valori oggettivamente positivi che appartengono a quel passato e l’attuale condizione dei dannati. I conflitti in questione sono tragici solo se considerati dal punto di vista dei peccatori, non lo sono invece dalla prospettiva di Dante autore il quale mette in discussione quei valori tramite l’uso di artifici retorico-stilistici caratterizzanti i dannati e i discorsi che loro rivolgono a Dante pellegrino, decostruendo così il tragico. Tenendo Maria Maślanka-Soro168 conto di queste considerazioni, si cerca di dimostrare in che cosa consiste il tragico apparente di Farinata degli Uberti, uno dei “magnanimi” infernali. A prima vista egli assomiglia agli eroi delle tragedie greche, ma un attento esame fa vedere come la sua magnanimità si riveste di un’accezione negativa e in questa prospettiva va visto il legame tra la sua passione politica, degenerata in fanatismo politico, e il peccato di eresia che egli sembra ignorare.
Źródło:
Italica Wratislaviensia; 2021, 12.2; 149-168
2084-4514
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Italica Wratislaviensia
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Biblioteka Nauki
Artykuł
Tytuł:
L’oltretomba virgiliano e dantesco a confronto: qualche osservazione sul dialogo intertestuale nel Purgatorio
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/638307.pdf
Data publikacji:
2015
Wydawca:
Uniwersytet Jagielloński. Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellońskiego
Tematy:
Dante, Virgil, Purgatory, Aeneid, earthly paradise, Elysium, intertextual approach
Opis:
The purpose of this paper is to present an analysis of certain episodes and motifs of Dante’s Purgatory which were partly inspired by the idea of the Otherworld and the category of space in the Book VI of Virgil’s Aeneid. In particular we examine the episode which takes place in the Valley of the Rulers (Pg. VII) and the concept of Dante’s Earthly Paradise to confront them with the idea of Virgilian Elysium. The intertextual dialogue of the Italian poet with the author of the Aeneid is sometimes polemical and based on aemulatio rather than on imitatio.
Źródło:
Romanica Cracoviensia; 2015, 15, 4
2084-3917
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Romanica Cracoviensia
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Artykuł
Tytuł:
«Una beffa [...] fatta da una donna a uno solenne religioso»: l’arte della manipolazione verbale ed emotiva nel Decameron III 3
“Una beffa [...] fatta da una donna a uno solenne religioso”: the Art of Verbal and Emotional Manipulation in The Decameron III 3
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/1048480.pdf
Data publikacji:
2018-07-05
Wydawca:
Uniwersytet im. Adama Mickiewicza w Poznaniu
Tematy:
Boccaccio
The Decameron
verbal and emotional manipulation
theatricality
mockery (beffa)
Opis:
Boccaccio’s Decameron is, as we know, the supreme achievement of the medieval narratio brevis. The art of speaking and, in general, of the proficient use of words, is what distinguishes the “gentile brigata” of ten young men and women who articulate and advance the new ars narrandi. Its role is crucial in many of the novellas in The Decameron: thanks to their capacity to persuade, or rather to manipulate their listeners verbally, many of its male and female protagonists manage to avoid dangers and unpleasant situations, or to get what they want: love, money, or other advantages. Particularly two of the male protagonists, ser Ciappelletto and frate Cipolla, excel others in verbal fraud and mockery. The anonymous protagonist of the third novella of the Third Day is neither as famous nor as examined by critics, even though she is very clever in her rhetorical and theatrical skills. The purpose of this essay is to analyse the strategies of verbal and emotional manipulation which lead her to seduce a “valoroso uomo di mezza età” with the involuntary help of the simple-minded and credulous friar.
Źródło:
Studia Romanica Posnaniensia; 2018, 45, 1; 31-43
0137-2475
2084-4158
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Studia Romanica Posnaniensia
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Artykuł
Tytuł:
La finzione autobiografica tra mistificazione e paradigma universale nel Secretum meum di Petrarca
Autobiographical Fiction: Between Mystification and the Universal Paradigm in Petrarch’s Secretum Meum
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/34670940.pdf
Data publikacji:
2024-06-30
Wydawca:
Wydawnictwo Adam Marszałek
Tematy:
Petrarch
Secretum meum
autobiographical fiction
mystification
universal paradigm
Petrarca
finzione autobiografica
mistificazione
paradigma universale
Opis:
Petrarch’s customary reliance on autobiographical themes serves as a guiding principle to nearly all of his works. The Secretum meum is perhaps his most autographical text. It is a treatise in the form of a dialogue in which the speakers, Francesco and Augustine, are characters alluding to Petrarch and St Augustine. The analogies between their respective itinera conversionis determine the strategies endorsing their paradigmatic dimension. In this article, I show that Petrarch uses his own individual case as a point of departure to embark on general discourse; that the Augustinian conflict between ‘the inner man’ and ‘the outer man’ serves as the framework for the construction of the dialogue; and that the story of Francesco’s moral crisis and his attempts to surmount it assume a universal meaning. I also discuss Petrarch as a master of mystification, brilliant at conjuring up an image of himself and cultivating his autobiographical myth built up of a blend of fact and fiction. From the very outset, the reader is up against an instance of unintended internal mystification: Augustine accuses Francesco of unwitting self-deception regarding his deplorable moral condition. By the end of the Secretum, Francesco manages to renounce his weaknesses, recovers his selfcontrol, and resolves to lead a life of virtue. However, Augustine is not at all sure whether his therapeutic methods have indeed worked. Perhaps writing will be the best remedy.
Per Petrarca l’autobiografismo diventa il filo conduttore di quasi tutta la produzione letteraria. L’opera più autobiografica è forse il Secretum meum, trattato in forma di dialogo i cui interlocutori, Francesco e Agostino, alludono a Petrarca e a sant’Agostino. Le analogie tra l’iter conversionis dell’uno e dell’altro sono strategie che confermano la dimensione paradigmatica di entrambi. Nell’articolo si cerca di dimostrare come Petrarca a partire da un caso individuale sviluppa un discorso generale, come il conflitto agostiniano tra “uomo interiore” e “uomo esteriore” costituisce un’asse portante intorno alla quale è costruito il dialogo e come si universalizza la storia della crisi morale di Francesco e dei tentativi di superarla. Inoltre, l’articolo ha come obiettivo presentare Petrarca come geniale mistificatore che ha saputo creare la propria immagine e coltivare il mito autobiografico in cui confonde verità e finzione. Fin dall’inizio si ha a che fare anche con la mistificazione interna non intenzionata, in quanto Agostino accusa Francesco di ingannare se stesso sul motivo della propria miseria morale, senza esserne consapevole. Il proposito da parte di Francesco di abbandonare le proprie debolezze riacquistando il dominio di sé si fa faticosamente strada verso la fine del Secretum, ma Agostino non ha nessuna certezza che i suoi metodi „terapeutici” siano stati efficaci. Forse la cura reale è la scrittura.
Źródło:
Italica Wratislaviensia; 2024, 15.1; 219-237
2084-4514
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Italica Wratislaviensia
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“Se fede merta nostra maggior musa” : Virgilio e la mitologia virgiliana nella Commedia allo specchio del cristianesimo dantesco
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/638177.pdf
Data publikacji:
2013
Wydawca:
Uniwersytet Jagielloński. Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellońskiego
Tematy:
Dante, Virgil, Divine Comedy, Aeneid, mythology, intertextuality, conception of art
Opis:
The Aeneid is the most important intertext for the opus magnum of Dante; and Virgil, sometimes metonymically identified with his work, plays a relevant, or indeed crucial part as one of the characters in it. The main purpose of this article is, on the one hand, an analysis and interpretation of certain, only rarely investigated aspects of the relation between Virgil and Dante the pilgrim, in particular those which deal with the defeat of the former as an authority and guide for Dante on the road to spiritual perfection. They result mainly from Virgil’s excessive rationalism. In the critical moments of their journey through the otherworld Dante the author shows the frailty of Virgil’s Christian faith, attained only after his death and not illuminated by divine Grace; he also discloses the deficiencies in Virgil’s understanding of good and evil. On the other hand the author of the article analyses the intertextual “dialogue” that the Comedy conducts with the Aeneid on the basis of the Dantean conception of art in general, and of poetry in particular, taking selected examples into consideration. An essential component of this dialogue is Dante’s reinterpretation of Virgil’s masterpiece, which assumes the form of an aemulatio and tends to reveal the Christian potentiality in the Aeneid, of which Virgil the poet was, of course, utterly unaware.
Źródło:
Romanica Cracoviensia; 2013, 13, 4
2084-3917
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Romanica Cracoviensia
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Artykuł
Tytuł:
Owidiusz u Dantego na tle średniowiecznej tradycji literackiej
Autorzy:
Maślanka-Soro, Maria
Powiązania:
https://bibliotekanauki.pl/articles/638751.pdf
Data publikacji:
2011
Wydawca:
Uniwersytet Jagielloński. Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellońskiego
Tematy:
Dante, Ovid, Ovidian literary tradition, medieval Romanic literature, intertextuality
Opis:
The aim of this paper is to present the position and role of the poetry of Ovid, primarily the Metamorphoses, the product of a great poetic talent (ingenium) and an equally great poetic art (ars), in the work of Dante. The author’s point of departure in an analytical and interpretative approach is a synthetic overview of the Ovidian literary tradition in the medieval Romanic culture. The original and creative allusions Dante makes to Ovid in The Divine Comedy, which is the main focus of this paper’s intertextual analysis, stand out more clearly against this background. A distinct evolution may be observed in the way Dante assimilated the work of Ovid. In his early work, the Rime and Vita Nuova, Dante treated Ovid as an authority and referred to him to corroborate his own ideas, or tended to imitate the Ovidian style in his erotic lyrics. In the spirit of his times Dante resorted to the allegorical potential of the Metamorphoses in his prose treatises such as the Convivio. But it was not until the Divina Commedia that he embarked on an intertextual dialogue with his mentor, occasionally adopting a polemical stance and endeavouring to stress the superiority of his own ideas. The paper employs the motif of metamorphosis to illustrate the aspect of aemulatio which superseded Dante’s earlier imitatio approach to Ovid.
Źródło:
Studia Litteraria Universitatis Iagellonicae Cracoviensis; 2011, 6, 1
2084-3933
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Studia Litteraria Universitatis Iagellonicae Cracoviensis
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Artykuł
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